2.7. Il trattamento previsto per l’abitazione principale e le sue pertinenze |
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Per abitazione principale si intende l’immobile, iscritto o iscrivibile nel catasto edilizio urbano come unica unità immobiliare nel quale il possessore e il suo nucleo familiare dimorano abitualmente e risiedono anagraficamente. Nel caso in cui i componenti del nucleo familiare abbiano stabilito la dimora abituale e la residenza anagrafica in immobili diversi situati nel territorio comunale, le agevolazioni per l’abitazione principale e per le relative pertinenze in relazione al nucleo familiare si applicano per un solo immobile. Pertanto, per aversi una abitazione principale devono sussistere contemporaneamente i seguenti elementi: •il fabbricato deve essere iscritto o iscrivibile in catasto come unica unità immobiliare (qualora si utilizzano più immobili, accatastati o accatastabili separatamente, come abitazione principale, soltanto uno di essi, a scelta del contribuente, può essere considerato abitazione principale ai fini dell’imposta municipale propria, mentre i restanti immobili devono essere considerati “altri fabbricati”; pertanto, l’agevolazione a tutte le unità immobiliari, utilizzate come abitazione principale ma distintamente accatastate, è subordinata al loro classamento unitario a seguito di accorpamento);
IMMOBILI CONTIGUI – UNITI AI FINI FISCALI
Ai fini IMU, posseduti gli altri requisiti previsti dalla norma, possono essere considerate abitazioni principali due unità immobiliari contigue distintamente accatastate ma unite di fatto?
Come chiarito dalla nota della Direzione Centrale del Catasto 21 febbraio 2002, n. 15232, nel caso in cui le unità immobiliari contigue sono unite di fatto ma non si può procedere alla loro fusione catastale in quanto i diritti sulle stesse non sono omogenei (si pensi al caso di una abitazione interamente di proprietà di un coniuge ed un’altra di proprietà di entrambi i coniugi al 50% ciascuno), si deve procede nel seguente modo: - le singole unità mantengono i rispettivi identificativi catastali; - l’accatastamento viene fatto dichiarando le singole unità come porzioni di unità immobiliari; - in ciascun accatastamento viene specificato con quale altra unità immobiliare l’immobile è unito ai fini fiscali (si può verificare dalla visura catastale e, comunque, dal Docfa); - la categoria e la classe vengono attribuite a ciascuna porzione di unità immobiliare considerando le unità immobiliari nel loro complesso; - la rendita viene attribuita a ciascuna porzione di unità immobiliare in ragione delle rispettive consistenze (minimo 1 vano per ciascuna porzione di unità immobiliare); - graficamente (per ciascuna planimetria) vengono riportate le unità immobiliari nel loro complesso e la parte relativa alla singola porzione di unità immobiliare viene tratteggiata. Nel caso descritto le unità immobiliari sono da considerare abitazione principale (ad entrambe si applica l’aliquota agevolata); resta ferma la detrazione complessiva pari ad € 200,00 da attribuire in parti uguali a coloro che destinano le unità immobiliari ad abitazione principale indipendentemente dalle rispettive quote di possesso.
•il soggetto passivo e i suoi familiari devono sia dimorare abitualmente nell’abitazione sia risiedervi anagraficamente (la mancanza di uno dei due elementi fa venire meno la destinazione ad abitazione principale). Inoltre, come chiarito con la circolare n. 3/DF del 2012(1), “nel caso in cui i componenti del nucleo familiare abbiano stabilito la dimora abituale e la residenza anagrafica in immobili diversi situati nel territorio comunale, l’aliquota e la detrazione per l’abitazione principale e per le relative pertinenze devono essere uniche per nucleo familiare indipendentemente dalla dimora abituale e dalla residenza anagrafica dei rispettivi componenti. Lo scopo di tale norma è quello di evitare comportamenti elusivi in ordine all’applicazione delle agevolazioni per l’abitazione principale, e, quindi, la norma deve essere interpretata in senso restrittivo, soprattutto per impedire che, nel caso in cui i coniugi stabiliscano la residenza in due immobili diversi nello stesso comune, ognuno di loro possa usufruire delle agevolazioni dettate per l’abitazione principale e per le relative pertinenze. Se, ad esempio, nell’immobile in comproprietà fra i coniugi, destinato all’abitazione principale, risiede e dimora solo uno dei coniugi - non legalmente separati - poiché l’altro risiede e dimora in un diverso immobile, situato nello stesso comune, l’agevolazione non viene totalmente persa, ma spetta solo ad uno dei due coniugi. Nell’ipotesi in cui sia un figlio a dimorare e risiedere anagraficamente in altro immobile ubicato nello stesso comune, e, quindi, costituisce un nuovo nucleo familiare, il genitore perde solo l’eventuale maggiorazione della detrazione. Il legislatore non ha, però, stabilito la medesima limitazione nel caso in cui gli immobili destinati ad abitazione principale siano ubicati in comuni diversi, poiché in tale ipotesi il rischio di elusione della norma è bilanciato da effettive necessità di dover trasferire la residenza anagrafica e la dimora abituale in un altro comune, ad esempio, per esigenze lavorative”.
SCISSIONE NUCLEI FAMILIARI (in assenza di separazione legale)
Caso 1: ·il marito è proprietario dell’abitazione A e la moglie è proprietaria dell’abitazione B ·ognuno dimora abitualmente e risiede anagraficamente nell’abitazione di propria proprietà ·le abitazioni sono ubicate nelle stesso Comune
Solo un’abitazione può essere considerata principale: obbligo di dichiarazione da parte del contribuente che beneficia del trattamento agevolato
Caso 2: ·il marito è proprietario dell’abitazione A e la moglie è proprietaria dell’abitazione B ·ognuno dimora abitualmente e risiede anagraficamente nell’abitazione di propria proprietà ·le abitazioni sono ubicate in Comuni diversi
Entrambe le abitazione sono considerate principali
Caso 3: ·il marito e la moglie sono contitolari delle abitazioni A e B ·Il marito dimora abitualmente e risiede anagraficamente nell’abitazione A e la moglie dimora abitualmente e risiede anagraficamente nell’abitazione B ·le abitazioni sono ubicate nello stesso Comune
Solo un’abitazione può essere considerata principale: -obbligo di dichiarazione da parte del contribuente che beneficia del trattamento agevolato -qualora l’abitazione principale fosse la A: -per il marito l’abitazione A si considera principale mentre quella B no -per la moglie nessuna delle due è da considerarsi abitazione principale
Caso 4: ·il marito e la moglie sono contitolari delle abitazioni A e B ·Il marito dimora abitualmente e risiede anagraficamente nell’abitazione A e la moglie dimora abitualmente e risiede anagraficamente nell’abitazione B ·le abitazioni sono ubicate in Comuni diversi
Per il marito l’abitazione A si considera principale mentre quella B no Per la moglie l’abitazione B si considera principale mentre quella A no
Vi sono, inoltre, unità immobiliari che non rientrano nella predetta definizione alle quali, però, è riconosciuto dalla legge lo stesso trattamento (aliquota ridotta e detrazione e, a partire dal 2014, l’esclusione) previsto per le abitazioni principali ovvero alle quali il Comune, con la propria potestà regolamentare, può prevedere che venga esteso il trattamento agevolato. Tra le prime (equiparazione per legge) rientrano le abitazioni possedute dai soggetti passivi che, a seguito di provvedimento di separazione legale, annullamento, scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio, non risultano assegnatari delle case coniugali, a condizione che i soggetti passivi non siano titolari del diritto di proprietà o di altro diritto reale su immobili, destinati ad abitazione, situati nello stesso Comune ove sono ubicate le case coniugali. Pertanto, l’equiparazione spetta soltanto se il coniuge non assegnatario (soggetto passivo della ex casa coniugale) non possieda un’altra abitazione (principale, come chiarito dal Ministero con la risoluzione 10 aprile 2008, n. 11/DF(5) in materia di ICI) nello stesso Comune ove si trova la ex casa coniugale. Conseguentemente, se il coniuge non assegnatario dimora abitualmente e risiede anagraficamente in una altra abitazione principale (sempre nello stesso Comune), non può considerare abitazione principale quella ex coniugale. Diversamente, se la sua nuova abitazione principale è ubicata nel territorio di un Comune diverso, può beneficiare due volte (una per la sua abitazione principale e l’altra per la casa ex coniugale) delle agevolazioni previste per le abitazioni principali. Così come, è considerata abitazione principale la ex casa coniugale se il coniuge non assegnatario possiede, nel territorio dello stesso Comune di ubicazione della ex casa coniugale, un fabbricato che, però, non è adibito a sua abitazione principale ma, ad esempio, locato, sfitto ovvero concesso in uso a terzi. La predetta disposizione (contenuta nell’art. 6, comma 3bis, del decreto legislativo n. 504 del 1992 e richiamata per l’imposta municipale propria dall’ultimo periodo del comma 10 dell’art. 13 del decreto legge n. 201 del 2011) è stata ritenuta tacitamente abrogata dal Ministero (circolare n. 3/DF del 2012(1)), in quanto la materia è stata regolata diversamente dall’art. 4, comma 12quinquies, del decreto legge n. 16 del 2012 che ha disposto che “ai soli fini dell’applicazione dell’imposta municipale propria di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23, nonché all’articolo 13 del decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, l’assegnazione della casa coniugale al coniuge, disposta a seguito di provvedimento di separazione legale, annullamento, scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio, si intende in ogni caso effettuata a titolo di diritto di abitazione”. Pertanto, l’abitazione principale è rinvenibile soltanto con riferimento al coniuge assegnatario, in quanto quello non assegnatario risulta escluso dalla soggettività passiva. La tesi del Ministero si basa sulla presunta incompatibilità delle due disposizioni legislative, con conseguente abrogazione tacita della prima, ai sensi dell’art. 15 delle disposizioni sulla legge in generale. Se è pur vero che il comma 12quinquies dell’art. 4 del decreto legge n. 16 del 2012 ha introdotto una novità in tema di soggetti passivi dell’imposta municipale propria, riconoscendo nel coniuge assegnatario il soggetto obbligato al pagamento dell’imposta, indipendentemente dal possesso dell’immobile, a ben vedere le due norme non risultano incompatibili. Invero, mentre l’art. 4, comma 12quinquies, del decreto legge n. 16 del 2012 attiene al caso in cui l’abitazione ex coniugale venga assegnata ad uno dei due coniugi, l’art. 6, comma 3bis, del decreto legislativo n. 504 del 1992 (richiamato dall’art. 13, comma 10, ultimo periodo, del decreto legge n. 201 del 2011) disciplina la soggettività passiva in capo al coniuge non assegnatario. Pertanto, le due disposizioni possono coesistere nel sistema in quanto ben può accadere (come in effetti accade, seppur in maniera non molto frequente) che la ex casa coniugale non venga assegnata ad alcuno dei due coniugi bensì ad un soggetto diverso (ad esempio ad un figlio della coppia). In quest’ultimo caso, mentre è inapplicabile l’art. 4, comma 12quinquies, del decreto legge n. 16 del 2012 (non vi è un coniuge assegnatario), i coniugi non assegnatari possono considerare l’immobile adibito ad abitazione principale qualora siano in possesso dei requisiti previsti dall’art. 6, comma 3bis, del decreto legislativo n. 504 del 1992. Tra le seconde (possibili equiparazioni per regolamento comunale), invece, rientrano: •le unità immobiliari possedute, a titolo di proprietà o di usufrutto, da anziani o disabili che acquisiscono la residenza in istituti di ricovero o sanitari a seguito di ricovero permanente, a condizione che le stesse non risultino locate (la previsione, già contenuta nell’ultimo periodo del comma 10 dell’art. 13 del decreto legge n. 201 del 2011, è stata ribadita dall’art. 4, comma 5, lettera f), del decreto legge n. 16 del 2012). In questo caso, è necessario che l’anziano o il diversamente abile posseggano l’abitazione a titolo di proprietà o di usufrutto (soltanto detti diritti reali di godimento e non altri), siano ricoverati permanentemente (non è sufficiente un ricovero momentaneo) e che non abbiano locato l’abitazione che si considera principale; •le unità immobiliari possedute, a titolo di proprietà o usufrutto in Italia, dai cittadini italiani non residenti nel territorio dello Stato, a condizione che non risultino locate (questa seconda ipotesi è stata aggiunta dall’art. 4, comma 5, lettera f), del decreto legge n. 16 del 2012, in quanto originariamente non era prevista nella disciplina dell’imposta municipale propria). Anche in questo caso l’agevolazione è limitata ai diritti reali di proprietà e di usufrutto e l’abitazione non deve essere oggetto di una locazione. La predetta discrezionalità del Comune, tuttavia, è stata prevista limitatamente alle annualità d’imposta 2012 e 2013. Per effetto del comma 1 dell’art. 9bis del decreto legge 28 marzo 2014, n. 47, convertito dalla legge 23 maggio 2014, n. 80, infatti, a partire dall’anno 2014, l’assimilabilità con regolamento comunale è stata abrogata sostituendola, a decorrere dal 2015, dall’assimilazione disposta direttamente dalla legge, ancorché sulla base di requisiti diversi. In particolare, rispetto alla precedente formulazione è previsto che: deve trattarsi di una sola unità immobiliare; è necessaria la iscrizione all’Aire; il contribuente deve essere pensionato nel Paese di residenza; l’immobile non deve risultare né locato né concesso in comodato d’uso.
Risoluzione 26 giugno 2015, n. 6/DF(184bis) Non è necessario che l’immobile sia ubicato nello stesso Comune in cui il soggetto è iscritto all’Aire. L’agevolazione si applica per le seguenti pensioni: - pensioni in convenzione internazionale, nelle quali la contribuzione versata in Italia si totalizza con - pensioni autonome italiane e pensioni estere; - per qualsiasi tipologia di pensione, anche, ad esempio, per quella di invalidità L’agevolazione non si applica: - per le pensioni italiane; se la pensione è erogata da un Paese diverso da quello di residenza del soggetto
Risoluzione 5 novembre 2015, n. 10/DF(184ter) In ipotesi di possesso di più abitazioni dislocate in diversi Comuni italiani, in assenza di specifiche disposizioni, si ritiene che il contribuente può scegliere quale considerare equiparata ad abitazione principale (le altre vanno considerate “altri fabbricati”). La scelta deve essere effettuata con la dichiarazione Imu (valevole anche ai fini Tasi).
Infine, per pertinenza dell’abitazione principale si intendono esclusivamente i fabbricati classificati nelle categorie catastali C/2 (magazzini e locali di deposito; cantine e soffitte se non unite all’unità abitativa), C/6 (stalle, scuderie, rimesse ed autorimesse senza fine di lucro) e C/7 (tettoie chiuse o aperte), nella misura massima di una unità pertinenziale per ciascuna delle categorie catastali indicate, anche se iscritte in catasto unitamente all’unità ad uso abitativo. Pertanto, se il contribuente possiede due C/6 pertinenziali dell’abitazione senza possedere né C/2 né C/7, soltanto uno dei due C/6 (a scelta del contribuente) può essere considerato pertinenza della abitazione principale. Così come se il deposito ovvero l’autorimessa ovvero la tettoia sono accatastate unitamente all’abitazione e si posseggono in aggiunta altri C/2, C/6 o C/7 distintamente censiti, questi ultimi non possono essere considerati pertinenza dell’abitazione, in quanto la pertinenza è già stata considerata per i fabbricati accatastati unitamente all’unità ad uso abitativo. Pertanto, se unitamente all’abitazione è accatastato anche il box e si possiede anche un altro box distintamente censito oltre che un C/2, soltanto quest’ultimo può essere considerato pertinenza in quanto di caratteristiche diverse rispetto all’unità accatastata unitamente all’abitazione. Se, invece, si possiedono un C/2, un C/6 ed un C/7, senza che altri fabbricati con le medesime destinazioni siano accatastati unitamente all’abitazione principale, sono tutti considerati pertinenza dell’abitazione principale. Infine, come chiarito con la circolare n. 3/DF del 2012(1), nel caso in cui unitamente all’abitazione siano accatastati una soffitta ed una cantina (se accatastate singolarmente entrambe le unità sarebbero censite in categoria C/2), per rendere operante la disposizione legislativa, il contribuente può considerare pertinenza soltanto un’altra unità distintamente accatastata in una delle categorie C/6 o C/7. Con la stessa circolare, è stato chiarito che il Comune non può disciplinare diversamente, con la propria potestà regolamentare, la definizione di pertinenza. Si ricorda che, in ogni caso, le predette limitazioni sono subordinate al rispetto del requisito previsti dall’art. 817 del codice civile secondo il quale sono pertinenze le cose destinate in modo durevole a servizio o ad ornamento del bene principale. Pertanto, anche se il contribuente possiede un solo C/6 che non rispetta, però, i predetto requisito (ad esempio è locato), non lo può considerare pertinenza ai fini dell’imposta municipale propria.
Ai fini IMU un box può essere considerato pertinenze di più abitazioni? Premesso che un fabbricato può essere considerato pertinenza solo in presenza di una abitazione principale (non si considera pertinenza un box di proprietà di un soggetto A se l’abitazione è di proprietà di un soggetto B), uno stesso box può essere considerato pertinenza di più abitazioni. Ad esempio, si pensi al caso di un edificio costituito da 3 abitazioni di proprietà ognuna di un soggetto diverso ed un solo box in comunione tra i predetti soggetti. Il box è considerato pertinenza per ciascuno dei comproprietari in ragione delle rispettive quote di possesso.
Per l’abitazione principale e le sue pertinenze il legislatore ha previsto un trattamento agevolato consistente, per gli anni 2012 e 2013 nell’applicazione di una aliquota ridotta rispetto a quella base e nel riconoscimento di una detrazione, mentre a partire dal 2014 è prevista la esclusione dal pagamento dell’imposta (la esclusione non si applica alle abitazioni principali classificate nelle categorie catastali A/1, A/8 ed A/9). In particolare, l’art. 13, comma 10, del decreto legge n. 201 del 2011, ha previsto che dall’imposta dovuta per l’unità immobiliare adibita ad abitazione principale del soggetto passivo e per le relative pertinenze, si detraggono, fino a concorrenza del suo ammontare, euro 200,00 rapportate al periodo dell’anno durante il quale si protrae tale destinazione (a partire dal 2014, la disposizione si applica limitatamente alle abitazioni principali non escluse dall’imposta).
Se l’unità immobiliare è adibita ad abitazione principale da più soggetti passivi, la detrazione spetta a ciascuno di essi proporzionalmente alla quota per la quale la destinazione medesima si verifica. Risulta ininfluente, pertanto, la quota di possesso di ciascun soggetto passivo.
Limitatamente agli anni 2012 e 2013 la predetta detrazione di € 200,00 è stata maggiorata (fino ad € 600,00) in presenza di figli di età non superiore a ventisei anni. È stata prevista, infatti, una maggiorazione, da applicare alla detrazioni di base, pari ad € 50,00 per ogni figlio dimorante abitualmente e residente anagraficamente nell’abitazione principale, purché di età non superiore a ventisei anni, e fino ad un massimo di 8 figli. L’importo complessivo della maggiorazione, quindi, non poteva essere superiore ad € 400,00. Pertanto, la detrazione massima spettante (per i soli primi due anni di applicazione dell’imposta) non poteva superare € 600,00 (€ 200,00 di detrazione di base ed € 400,00 per gli eventuali figli che rispettano i predetti requisiti). Dal 2014, invece, non essendo più prevista la maggiorazione, spetta soltanto la detrazione di € 200,00 (la disposizione si applica limitatamente alle abitazioni principali non escluse dall’imposta, come si dirà di seguito). La maggiorazione si applicava, ovviamente, anche ai figli adottivi, in quanto, l’articolo 27, comma 1, della legge 4 maggio 1983, n. 184, stabilisce che “per effetto dell’adozione l’adottato acquista lo stato di figlio legittimo degli adottanti, dei quali assume e trasmette il cognome”. Il successivo comma 3, inoltre, prevede che “con l’adozione cessano i rapporti dell’adottato verso la famiglia d’origine, salvi i divieti matrimoniali”. Per quanto riguarda, invece, i casi di affidamento dei minori e di affidamento preadottivo, di cui, rispettivamente, agli articoli 2 e ss. e 22 e ss. della legge n. 184 del 1983, non acquisendo il soggetto lo stato di figlio degli affidatari, la maggiorazione della detrazione non poteva essere riconosciuta. Come chiarito dal Ministero con la circolare n. 3/DF del 2012(1), l’applicazione della maggiorazione della detrazione segue le medesime regole, sopra ricordate, previste per la detrazione (indipendentemente dalla quota di possesso e rapportata al periodo di sussistenza dei requisiti). Inoltre, ai fini del riconoscimento della maggiorazione della detrazione, non è richiesto che il figlio sia fiscalmente a carico del soggetto passivo né detta disposizione può essere inserita dal Comune con la propria potestà regolamentare; così come il Comune non può variare l’importo di € 50 a titolo di maggiorazione della detrazione. Infine, il diritto alla maggiorazione spetta fino al compimento del ventiseiesimo anno di età, per cui si decade dal beneficio dal giorno successivo a quello in cui si verifica l’evento; pertanto, se il figlio nasce il 12 marzo spetta la maggiorazione per 10 mesi (da marzo a dicembre), se il figlio compie 26 anni il 12 marzo, invece, spetta la maggiorazione per 2 mesi (gennaio e febbraio) (lo stesso principio è stato affermato dal Consiglio di Stato nell’adunanza plenaria del 2 dicembre 2011 – n. 21/2011REG.PROV.COLL n. 40/2011REG.RIC.A.P.).
Inoltre, il Comune può stabilire che l’importo di € 200,00 può essere elevato, fino a concorrenza dell’imposta dovuta, nel rispetto dell’equilibrio di bilancio. In tal caso, però, non è possibile deliberare un’aliquota superiore a quella ordinaria (0,76%) per le unità immobiliari tenute a disposizione. A tal fine, secondo il Ministero (circolare n. 3/DF del 2012(1)) la detrazione di € 200 può essere elevata, fino a concorrenza dell’imposta dovuta, anche limitatamente a specifiche fattispecie meritevoli di tutela, nell’ambito dei criteri generali di ragionevolezza e non discriminazione. Inoltre, la stessa circolare ha affermato che il divieto di prevedere una aliquota superiore a quella ordinaria per gli immobili tenuti a disposizione, si applica soltanto nel caso in cui il Comune abbia elevato la detrazione di € 200 fino a concorrenza dell’imposta, e, non anche nel caso in cui la stessa sia stata comunque aumentata ma non fino a concorrenza dell’imposta dovuta. Invero, va osservato che dal tenore letterale della norma (le parole “fino a concorrenza dell’imposta dovuta” sono riportate tra due virgole) emerge che detto divieto è da applicare in ogni caso di aumento della detrazione stabilita dalla legge (anche se non è previsto l’aumento fino a concorrenza dell’imposta dovuta). Inoltre, l’interpretazione fornita dal Ministero si presta a facili elusioni della disposizione legislativa; infatti, basta che il Comune verifichi l’imposta più elevata dovuta dalle unità immobiliari adibite ad abitazione principale e preveda l’incremento della detrazione (in misura fissa, ad esempio € 1.500,00, e non fino a concorrenza dell’imposta dovuta) fino a detto importo senza scrivere “fino a concorrenza dell’imposta dovuta”. La suddetta detrazione si applica anche ai fabbricati che, sebbene non rientrano nella definizione di abitazione principale, sono ad esse equiparate per legge o per regolamento comunale. Con la circolare n. 3/DF del 2012(1) è stato chiarito che in caso di assimilazione all’abitazione principale di quella posseduta dall’anziano o dal disabile nonché per i residenti all’estero, la maggiorazione della detrazione spettava a condizione che il figlio dimorava abitualmente e risiedava anagraficamente nell’abitazione considerata abitazione principale. Infine, la sola detrazione (non la maggiorazione, in quanto il soggetto passivo è una persona giuridica) si applica anche alle seguenti unità immobiliari: - fabbricati appartenenti alle cooperative edilizie a proprietà indivisa adibite ad abitazione principale dei soci assegnatari; - alloggi regolarmente assegnati dagli IACP (la circolare n. 3/DF del 2012(1) ha chiarito che la disposizione deve intendersi applicabile anche agli enti di edilizia residenziale pubblica, comunque denominati, aventi le stesse finalità degli IACP, istituiti in attuazione dell’art. 93 del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616).
Come sopra accennato, la predetta disciplina applicata per le annualità d’imposta 2012 e 2013 è stata profondamente modificata a decorrere dal 2014, anno a partire dal quale, come si dirà in seguito, è stata introdotta la Tasi quale altra componente della Iuc. Con la introduzione della Tasi e la estensione a regime dell’Imu sperimentale, al fine di lasciare (almeno formalmente) invariata la pressione fiscale, le lettere b) e d) del comma 707 dell’art. 1 della legge 27 dicembre 2013, n. 147 hanno escluso dall’applicazione dell’imposta municipale propria diverse fattispecie tra le quali i fabbricati adibiti ad abitazione principale. In particolare, è stato modificato il comma 2 dell’art. 13 del decreto legge n. 201 del 2011 escludendo dall’applicazione dell’Imu le seguenti fattispecie: •i fabbricati adibiti ad abitazione principale e le relative pertinenze (la definizione di abitazione principale e di pertinenza non è stata modificata), ad eccezione di quelli classificati nelle categorie catastali A/1, A/8 ed A/9, per le quali continuano ad applicarsi l’aliquota agevolata (dallo 0,2% allo 0,6%) e la detrazione (€ 200,00); •le unità immobiliari appartenenti alle cooperative edilizie a proprietà indivisa, adibite ad abitazione principale e relative pertinenze dei soci assegnatari. (a partire dal 2016, per effetto del comma 15 dell’art. 1 della legge 28 dicembre 2015, n. 208, che ha modificato la lettera a) del comma 2 dell’art. 13 del decreto legge n. 201 del 2011, l’esclusione è stata estesa alle unità immobiliari appartenenti alle cooperative edilizie a proprietà indivisa destinate a studenti universitari soci assegnatari, anche in deroga al richiesto requisito della residenza anagrafica). La medesima agevolazione non è stata concessa, invece, agli alloggi regolarmente assegnati dagli Iacp e dagli enti di edilizia residenziale pubblica, comunque denominati, aventi le stesse finalità degli Iacp, istituiti in attuazione dell’articolo 93 del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616, ai quali è riconosciuta soltanto la detrazione, pari ad € 200,00 per ciascun alloggio (si applica l’aliquota di base deliberata dal Comune e non quella agevolata prevista per le abitazioni principali); •i fabbricati di civile abitazione destinati ad alloggi sociali come definiti dal decreto del Ministro delle infrastrutture 22 aprile 2008, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 146 del 24 giugno 2008. Si tratta degli alloggi adibiti ad uso residenziale, in locazione permanente, che svolgono la funzione di interesse generale, nella salvaguardia della coesione sociale, di ridurre il disagio abitativo di individui e nuclei familiari svantaggiati che non sono in grado di accedere alla locazione di alloggi nel libero mercato. Nella predetta definizione rientrano i fabbricati realizzati o recuperati da operatori pubblici e privati, finanziati con contributi o altre forme di agevolazioni pubbliche; •la casa coniugale assegnata al coniuge, a seguito di provvedimento di separazione legale, annullamento, scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio; •un unico immobile, per il quale non sono richieste le condizioni della dimora abituale e della residenza anagrafica, iscritto o iscrivibile nel catasto edilizio urbano come unica unità immobiliare, posseduto, e non concesso in locazione, dal personale in servizio permanente appartenente: alle Forze armate (esercito, marina ed aeronautica); alle Forze di polizia ad ordinamento militare (carabinieri e guardia di finanza); alle Forze di polizia ad ordinamento civile (polizia di stato, polizia penitenziaria e forestale); al Corpo nazionale dei vigili del fuoco; alla carriera prefettizia. Rispetto alla norma agevolativa prevista per l’annualità d’imposta 2013, a partire dall’anno 2014 il legislatore non ha escluso dall’agevolazione le abitazione accatastate nelle categorie A/1, A/8 ed A/9. Sono, inoltre, escluse dall’applicazione dell’imposta, in ipotesi di assimilazione da parte del Comune con il proprio regolamento, le seguenti fattispecie: •l’unità immobiliare posseduta a titolo di proprietà o di usufrutto da anziani o disabili che acquisiscono la residenza in istituti di ricovero o sanitari a seguito di ricovero permanente, a condizione che la stessa non risulti locata; •l’unità immobiliare posseduta dai cittadini italiani non residenti nel territorio dello Stato a titolo di proprietà o di usufrutto in Italia, a condizione che non risulti locata; •l’unità immobiliare concessa in comodato dal soggetto passivo ai parenti in linea retta entro il primo grado che la utilizzano come abitazione principale (detta possibilità, come di seguito illustrato, è stata eliminata a decorrere dall’anno d’imposta 2016). . Il Comune deve prevedere che l’agevolazione operi o limitatamente alla quota di rendita risultante in catasto non eccedente il valore di euro 500 oppure nel solo caso in cui il comodatario appartenga a un nucleo familiare con ISEE non superiore a 15.000 euro annui. In caso di più unità immobiliari, la predetta agevolazione può essere applicata ad una sola unità immobiliare. Rispetto alla norma agevolativa prevista per l’annualità d’imposta 2013, a partire dall’anno 2014 il legislatore non ha escluso dall’agevolazione le abitazione accatastate nelle categorie A/1, A/8 ed A/9. La stessa disposizione legislativa ha anche ribadito l’applicazione della detrazione (per le abitazioni principali accatastate nelle categorie A/1, A/8 ed A/9 e per gli alloggi regolarmente assegnati dagli Iacp) che avviene: •in ragione della quota di destinazione ad abitazione principale in luogo della quota di possesso; •fino a concorrenza dell’imposta dovuta; •rapportata ai mesi per i quali si protrae la destinazione ad abitazione principale. È stata, altresì, confermata la possibilità di elevare l’importo della detrazione, fino a concorrenza dell’imposta dovuta, nel rispetto dell’equilibrio di bilancio, eliminando, però, la previsione in base alla quale, in caso di elevazione dell’importo della detrazione non era possibile stabilire una aliquota superiore a quella ordinaria per le unità immobiliari tenute a disposizione. Si ricorda, inoltre, che a partire dal 2014 non è più prevista (in quanto limitata alle annualità d’imposta 2012 e 2013) l’applicazione della maggiorazione della detrazione, pari ad € 50,00 per ciascun figlio di età non superiore a 26 anni, per un importo massimo di € 400,00. Infine, è stata eliminata la previsione dell’applicazione dell’aliquota ridotta e della detrazione per l’abitazione posseduta dal soggetto passivo che, a seguito di provvedimento di separazione legale, annullamento, scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio, non risulta assegnatario della casa coniugale. La predetta agevolazione si applicava a condizione che il soggetto passivo non era titolare del diritto di proprietà o di altro diritto reale su un immobile destinato ad abitazione situato nello stesso comune ove era ubicata la casa coniugale. Con la cancellazione della disposizione si verificherà che in tutte le ipotesi in cui la casa non è assegnata ad uno dei due coniugi (si pensi, ad esempio all’alloggio assegnato ad un figlio ovvero ad un nonno), gli ex coniugi, anche se non posseggono altre abitazioni, dovranno calcolare l’imposta applicando l’aliquota di base senza alcuna agevolazione.
Circa gli immobili concessi in comodato d’uso gratuito, a partire dal 2016, la disciplina è nuovamente cambiata; le lettere a) e b) del comma 10 dell’art. 1 della legge 28 dicembre 2015, n. 208, infatti, hanno modificato i commi 2 e 3 dell’art. 13 del decreto legge n. 201 del 2011, abrogando la possibilità per i Comuni di disporre la assimilazione all’abitazione principale ed introducendo, per legge, la riduzione del 50% della base imponibile. Quest’ultima agevolazione spetta unicamente in caso di possesso dei seguiti requisiti: • unità immobiliari concesse in comodato dal soggetto passivo ai parenti in linea retta entro il 1° grado che la utilizzano come abitazione principale; • contratto di comodato registrato; • il soggetto passivo deve possedere un solo immobile in Italia; • il soggetto passivo deve risiedere anagraficamente e dimorare abitualmente nello stesso Comune in cui è situato l’immobile concesso in comodato; • il beneficio si applica anche nel caso in cui il comodante oltre all’immobile concesso in comodato possiede nello stesso Comune un altro immobile adibito a propria abitazione principale, purché non sia A/1, A/8 e A/9; • il soggetto passivo deve attestare il possesso dei suddetti requisiti nel modello di dichiarazione Imu • l’agevolazione non si applica alle abitazioni A/1, A/8 ed A/9.
Interpretazioni Mef (Risoluzione 17/02/16, n. 1/DF(184quater)) e Ifel (Faq 24/02/16(184quinquies)) • L’agevolazione si applica anche alla Tasi? Mef: la riduzione del 50% della base imponibile si applica anche alla Tasi • Il potere di equiparazione all’abitazione principale, con regolamento comunale, è stato abrogato? Mef: si; il Comune può solo prevedere una aliquota agevolata, comunque non inferiore al 4,6 per mille Ifel: l’equiparazione disposta con regolamento comunale deve ritenersi abrogata (ciò non viola il “blocco della leva fiscale” in quanto la disposizione ha effetto dalla legge e non da una delibera comunale). Diversamente, si continua ad applicare l’eventuale aliquota agevolata deliberata per il 2015 • Per godere dell’agevolazione devono essere posseduti tutti i requisiti? Mef: si • Il divieto di classamento nelle categorie A/1, A/8 ed A/9 quali abitazioni riguarda? Mef: sia l’abitazione principale del comodante sia l’alloggio concesso in comodato • Da quale data decorre l’agevolazione (mensile)? Mef: rileva la data di stipula del contratto (per i contratti verbali rileva la data di conclusione) e non quella di registrazione Ifel: non rileva la data della registrazione bensì quella della stipula comprovata dalla residenza anagrafica del comodatario • I contratti già registrati prima del 1° gennaio 2016 devono essere nuovamente registrati? Ifel: la registrazione di un contratto di comodato prima del 2016 conserva efficacia salvo che non sia sottoposto a termine (in tal caso alla scadenza deve essere nuovamente registrato) • Come deve essere registrato il contratto verbale? Mef: previa esclusiva presentazione del modello di richiesta di registrazione (modello 69) in duplice copia, indicando come tipologia dell’atto “Contratto verbale di comodato” • Come si intende per possesso di un unico immobile? Mef: deve intendersi ad immobile ad uso abitativo in quanto la disposizione si colloca nell’ambito del regime delle agevolazioni riconosciute per gli immobili ad uso abitativo, con esclusione, quindi, di tutto ciò che non è abitazione (ad es. terreno, negozio, pertinenza, ecc.) – non deve considerarsi abitativo il fabbricato strumentale all’esercizio dell’attività agricola destinato ad abitazione dei dipendenti esercenti attività agricola nell’azienda Ifel: per immobili si intendono fabbricati, terreni agricoli ed aree edificabili. L’interpretazione letterale e restrittiva dovrebbe portare a ritenere che il legislatore abbia voluto fare riferimento al possesso di qualsiasi immobile, anche in quota percentuale • Il “possesso” di immobili comprende anche la nuda proprietà? Ifel: no, solo gli immobili per i quali si è soggetto passivo Imu/Tasi • Il “possesso” di immobili comprende anche le abitazioni inagibili? Ifel: si, non rileva quanto si paga bensì se si è soggetto passivo Imu/Tasi • L’agevolazione si applica anche alle pertinenze? Mef: la riduzione del 50% della base imponibile si applica sia all’abitazione che alle pertinenze concesse in comodato (nei limiti di una unità per ciascuna delle categorie catastali C/2, C/6 e C/7), ciò in quanto la norma prevede espressamente che il comodatario deve destinare l’immobile a propria abitazione principale Ifel: l’agevolazione si applica a tutte le pertinenze concesse in comodato, senza limiti di una unità per ciascuna delle categorie catastali C/2, C/6 e C/7 • Se i requisiti previsti sono posseduti soltanto da uno dei contitolari? Mef: l’agevolazione della riduzione del 50% della base imponibile si applica soltanto con riferimento alla relativa quota di possesso Ifel: come Mef • È possibile il comodato tra contitolari? Ifel: no, perché si utilizza il bene in quanto comproprietario e non comodatario
Aggiornamento Faq Ifel 21 marzo 2016(184sexies) Tuttavia, non si rinvengono nella normativa particolari elementi ostativi al diritto ad usufruire dell’agevolazione in commento, qualora i comproprietari rispettino tutti i requisiti previsti dalla norma Il diverso trattamento negli anni delle abitazioni principali, delle pertinenze e dei fabbricati equiparati
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